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Carlotta

Carlotta stava rimestando nella scatola del cucito, alla ricerca di una gugliata di cotone del colore giusto per rimettere quel bottone che si era staccato dalla camicia, quando: ahi! ...Un piccolo dolore al dito indice, assieme ad una gocciolina di sangue che le aveva macchiato il polpastrello, le aveva fatto capire che si era punta con quell’ago che stava proprio infilato alla spagnoletta dello stesso colore che stava cercando.

Un rapidissimo pensiero per rimproverarsi della sua disattenzione e un altrettanto rapido gesto, fu il portarsi il dito ferito alla bocca per succhiarsi il sangue e disinfettarlo con la saliva. Fu la vista di quella semplice goccia rossa, che le ricordò che quella mattina aveva l’appuntamento all’ospedale per fare un prelievo di sangue, che le serviva per controllare che tutti i suoi parametri fossero nella norma. Purtroppo, Carlotta era una ragazza distratta ed aveva dimenticato di quell’impegno. Guardando l’orologio vide che, se si fosse affrettata, avrebbe potuto arrivare in tempo all’appuntamento. Buttate le ciabatte da casa che indossava in quel momento e messe le prime scarpe che aveva trovato, si precipitò nel garage per prendere la sua FIAT PANDA, la piccola e comoda automobile che usava per circolare in città, che suo padre le aveva regalato qualche anno prima quando lei aveva compiuto vent’anni. Alzata la porta a bascula del garage vide che la sua macchina era in terza fila, dietro la Ferrari rossa di suo padre e la Mercedes D200 di sua madre.

In quel momento il padre di Carlotta, titolare di una nota industria farmaceutica italiana, era in Cina per proporre i propri prodotti, e Carlotta non aveva tempo per telefonargli per chiedergli se poteva prendere la Ferrari, che stava davanti alla sua Panda impedendogli di uscire dal garage; perciò, salì sulla Ferrari, anche se quella macchina l’aveva guidata solamente qualche volta con suo padre seduto al fianco, spinse il telecomando per l’apertura del cancello in fondo al vialetto, mise in moto ed uscì velocemente da casa.

Sulla provinciale verso la città il traffico era meno intenso del solito. Entrata in città percorse velocemente il viale centrale. Appeso alla finestra di uno dei tanti palazzi ai lati del viale, un bambino stava esponendo alla finestra un grande disegno che rappresentava un arcobaleno con la scritta: andrà tutto bene; a Carlotta si stampò un sorriso sulla bocca pensando al gioco artistico che quel bambino voleva proporre alla vista di coloro che passavano per quella strada.

Proseguendo la sua corsa, passò davanti all’antico e maestoso castello, simbolo della sua città, per inoltrarsi sul corso verso la Prospettiva, dove era l’antico ospedale provinciale costruito agli inizi del 1900. Il semaforo al primo incrocio segnava rosso. Carlotta, pur contro voglia, dovette fermarsi. Girando la testa verso il marciapiede, vide Maurizio, che gesticolando con le braccia cercava di attirare la sua attenzione, chiamandola ad alta voce:

“Ciao. ...Carlotta! Parcheggia la macchina, e vieni che prendiamo un caffè insieme.” Maurizio era il suo amico preferito, quello a cui confidava le sue delusioni.  Strano: … indossava una mascherina da chirurgo; forse era raffreddato e non voleva infettare chi gli stava vicino; pensò Carlotta. Con un sorriso che mostrava la sua gioia per quell’incontro, Carlotta, abbassato il vetro del finestrino gli urlò: “Ciao Maurizio. Non posso, vado di fretta, ho un appuntamento che non posso mancare, ...ti telefono dopo, ...voglio vederti!”. Al semaforo si accese il verde, Carlotta scattò, e il motore rombando fece vibrare i vetri delle vetrine dei negozi ai lati del corso.

Non percorse molta strada che un vigile, nascosto tra due auto in sosta al lato della via, sbucò al centro della strada costringendola a fermarsi.

Carlotta in quel momento pensò che fosse un venerdì 17, ma non lo era. L’uomo in divisa gli si accostò salutandola portando la mano destra all’altezza della visiera del suo cappello.

“Per cortesia: ...libretto e patente!”, la classica domanda di quando le forze dell’ordine fermano gli automobilisti per strada.

Carlotta lo guardò in faccia?!  Pure lui indossava una mascherina da chirurgo. Il suo pensiero fu: “Se questo si è preso un raffreddore, perché non se ne sta a casa, invece di importunare chi ha fretta?”

“Posso chiederle dove andava così di fretta?” gli chiese il vigile.

A quella domanda molto personale, Carlotta avrebbe voluto rispondergli che andava per i fatti suoi; ma per non trovarsi a discutere inutilmente, gli rispose che aveva un appuntamento all’ospedale per una visita programmata e che era in ritardo.

Il vigile, molto gentilmente, le chiese se se aveva la prescrizione scritta che dimostrasse quanto aveva affermato. Con stupore, per quella domanda particolare e strana, Carlotta, sempre con l’intenzione di non perdere tempo in discussioni inutili, gli mostrò l’impegnativa medica che teneva nella borsa.

“Bene. Può andare, ma vada piano. Questa strada non è una pista da corsa.” Gli disse l’uomo in divisa.

Ormai l’orario dell’appuntamento era stato superato per parecchi minuti.

Incurante del consiglio datogli, Carlotta fece rombare il motore e ripartì più veloce  di prima, che sembrava che sulla strada esistesse solamente lei. Arrivata al parcheggio pubblico dell’ospedale, lasciò l’auto e corse velocemente al padiglione dove facevano i prelievi per l’esame del sangue.

Diversamente dal solito, percorrendo la galleria che portava nell’ambulatorio specifico, dove aveva l’appuntamento, quasi distrattamente notò che poche persone, diversamente dal solito, erano presenti in quel luogo. Carlotta era una ragazza che andava sempre di fretta, difficilmente faceva caso ai molti cartelli esposti alle pareti che solitamente danno indicazioni di ogni genere. Se si fosse fermata per leggerli tutti avrebbe perso molto tempo per notizie che non la riguardavano. Trafelata arrivò davanti alla porta dell’ambulatorio; con la mano spinse sulla maniglia, ma la porta rimase chiusa. Uno dei tanti cartelli attaccati al vetro della porta, diceva:

AMBULATORIO CHIUSO CAUSA PANDEMIA COVID-19 –
TUTTE LE VISITE SONO RIMANDATE A DATE DA DESTINARSI.

Fu in quel momento che ricordò, che la sera precedente, al telegiornale, il presidente del consiglio dei ministri aveva detto che tutti dovevamo rimanere chiusi in casa per evitare di contagiarsi con il virus corona. Un virus che dopo avere infettato la Cina, producendo migliaia di morti, era arrivato in Europa infettando particolarmente L’Italia e gli Italiani.

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